Traversata rifugio Rosetta - Falcade
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Lo scialpinismo in dolomiti è un’attività di concetto, per godere in pieno della bellezza degli itinerari devono convergere una serie di variabili che comprendono non solo la quantità dell’innevamento ma anche la sua qualità.
Le condizioni mi sembrano buone, ed è quindi da un po di giorni che studio la cartina. Entusiasta propongo l’itinerario a Matteo avvisandolo che sebbene sia certo che in anni passati sia già stato ripetuto non è detto che possa esserlo anche quest’anno, la sua voglia di esplorare è dirompente almeno tanto quanto la mia e accetta di buon grado.
Prendiamo la prima corsa della funivia che da San Martino di Castrozza ci deposita sull’altopiano in prossimità del rifugio Rosetta, da li scendiamo in direzione della val delle Comelle. Come previsto la neve è stupenda e ci concede il lusso di ricamare la nostra linea sopra le nuvole che imperversano su l'agordino.
All’incrocio con la valle dei Cantoni cambiamo assetto e iniziamo a salire in direzione del passo Travignolo. L’adrenalina della discesa lascia spazio alla solitudine di questa valle nevosa, ci distanziamo non solo per una questione di sicurezza ma anche per stare soli con noi stessi.
Tra un pensiero e l’altro ci ritroviamo al passo, da li proseguiamo in direzione della cima Vezzana. Vetta!
Vorremmo fermarci quassù per godere del panorama, ma siamo solo all’inizio della nostra avventura. Osservo la valle delle Galline che mi invita ad entrare nel suo pollaio, conosco bene queste zone, ho letto la relazione di questa discesa più di qualche volta imparando che per affrontarla in sicurezza servono particolari condizioni che oggi ancora non ci sono.
Proseguiamo la gita iniziando una stupenda discesa nell’immacolata val Strut, l’ingresso è tutt’altro che banale, sci ai piedi ci teniamo in prossimità della ferrata Gabitti d’Ignoti su pendenze sostenute anche se sicuramente non estreme.
Proseguiamo quindi su neve incredibilmente polverosa e scivoliamo a fianco del Bivacco Bruner che non si vede perché sommerso dalla neve ma io so esserci. Mi fermo un momento per riassaporare il ricordo di una notte d’estate trascorsa in quel bivacco col babbo, in quell’occasione stavamo facendo la traversata delle pale di san Martino in versione estiva, sicuramente meno avventurosa ma non per questo meno interessante.
Giunti in prossimità della Torcia di val grande la discesa termina e ci prepariamo per la risalita della valle delle Farangole, per fortuna anche qui nessuna traccia e quindi proseguiamo la nostra avventura tracciando la linea che ci sembra più sicura e meno faticosa.
Alla base del passo incrociamo le numerose tracce degli scialpinisti che sono scesi da li per poi risalire ai Bureloni, le inforchiamo e in un attimo risaliamo il breve canalone che ci conduce alle Farangole dove non termina l'itinerario, ma un po di malinconia mi assale: la parte selvaggia è finita, mi sto lasciando alle spalle un sogno che coltivavo da molto tempo che il tempo sedimenterà in ricordo, uno dei tanti vissuti fra queste montagne.
Con questa consapevolezza scendiamo in direzione della val Venegia abbandonandola quasi subito per prepararci all’ennesimo cambio d’assetto che ci condurrà al rifugio Mulaz, da qui scendiamo fino a Falcade su neve stupenda anche se completamente rovinata dai precedenti passaggi, dove troviamo un’auto che avevamo saggiamente parcheggiato al mattino.
Mentre mi cambio gli scarponi penso alla cima della Vezzana e a quanto mi attirava la sua valle delle Galline, magari la prossima stagione sarà quella giusta!
Grazie alla funivia questa grandiosa traversata non supera i 1500 mt di dislivello. L’itinerario si svolge su diverse esposizioni, fattore che obbliga ad una continua e puntuale valutazione delle condizioni del manto nevoso. Le difficoltà sciistiche non sono estreme, e restano nell’ambito dello scialpinismo classico, tuttavia per visitare questi luoghi è necessario sapersi muovere agilmente su terreno d’avventura fortunatamente spesso privo di tracce. è inoltre preferibile averlo già affrontato d’estate al fine di conoscere esattamente la morfologia e la geografia del terreno, fermo restando che la pianificazione della gita sulla cartina si rivela come sempre indispensabile.