Tofana - via tridentina

Tofana - via tridentina

Nelle ultime settimane trovare un giorno in cui il meteo è incerto è davvero raro e quindi ogni giorno faccio un giro in montagna dando sfogo alla mia fantasia.

È sera, sono a casa, prendo le varie guide di arrampicata per decidere dove avventurarmi l'indomani, scelgo di optare per la Tofana di Rozes in particolare per la Via Tridentina aperta da Bonatti.


Sono estremamente affascinato dall’uomo Walter Bonatti prima ancora che dall’alpinista. I suoi libri hanno alleviato il peso delle lezioni di Economia Aziendale e di molte altre materie che mi costringevano a stare seduto a far finta di ascoltare tematiche distanti anni luce da me e dal mio modo di intendere la vita.

Pagina dopo pagina sembrava di camminare al suo fianco lungo gli sconfinati deserti o di bivaccare nell’amaca adiacente la sua nel bel mezzo della foresta amazzonica.

Telefono al Lota, subito entusiasta, convinco anche Francesca che è una via che può essere alla sua portata e così la cordata è pronta, c'è solo da accordarsi sul materiale da portare.

La giornata inizia con un sole splendente e due fumanti brioche portate dal Lota, ci dirigiamo per il sentiero verso lo sperone più occidentale. Cammino leggermente davanti ai miei compagni di cordata, quel tanto che basta per non sentire le loro chiacchiere, assaporando così il piacere della ricerca dell’attacco della via.

La via è lunga 13 tiri e all'inizio, dove le difficoltà sono contenute, la roccia è abbastanza friabile ma poi migliora man mano che si prosegue, regalando alcune lunghezze con roccia assolutamente perfetta.

È agosto, il sole scalda la parete e in sosta mi godo il tepore insieme ad un bel po' d'acqua. Il Lota conviene con me che la via è molto bella e selvaggia e questo ci carica ancor di più, proseguiamo trovando pochi e traballanti
chiodi, magari piantati dalla stessa persona che ha scritto quei libri  alimentando sogni e passioni di intere generazioni di alpinisti.

Arriviamo in una delle soste e Francesca ci mostra le sue mani che sanguinano per la roccia tagliente, nonché un bello strappo nei pantaloni. Non è molto abituata a questo genere di salite e deve ancora prendere confidenza con la roccia a volte perfetta a volte instabile.



I tiri chiave sono chiodati, ma preferisco prendermi il tempo necessario per tastare tutti gli appigli senza fretta. Se veramente i chiodi sono quelli di Bonatti non voglio assolutamente verificarne la tenuta.


Si susseguono diedri strapiombanti e roccia nera fino ad arrivare alla fine della via che termina con roccette di II grado. Le seguiamo in un sali scendi fino al sentiero di ritorno, il panorama è vasto e il ritorno non poi così breve.


In discesa si passa a fianco ad alcune memorie della prima guerra mondiale: baracche pezzi di latta e gallerie. Rabbrividisco al solo pensiero che i nostri nonni furono costretti lassù in inverno per mesi e mesi con il compito di sparare ed uccidere loro coetanei.

Dal momento in cui si incrocia la ferrata in poco tempo siamo al rifugio Giussani dove ci rilassiamo e scherzando contiamo i tagli e le botte che la via ha gentilmente regalato a Francesca.



Dal canto mio non posso che essere soddisfatto, ho ripetuto una via storica con Francesca e il Lota, compagni perfetti per questa ascensione che rappresenta per me più di una normale scalata in Dolomiti.

Ho trovato questa via molto interessante, alpinistica e sicuramente meritevole di una ripetizione. è una salita che richiede buona esperienza per trovare l'itinerario, il quale cerca i punti deboli della parete con difficoltà tutto
sommato contenute. Al suo termine la via prosegue per paretine su basse difficoltà tuttavia ho preferito restare legato ai miei compagni per essere sicuro di non perderli mai di vista. Il rientro, molto panoramico, non è faticoso
ma non va assolutamente sottovalutato specie in caso di scarsa visibilità.

Ripetere un itinerario del grande Bonatti ha un fascino particolare, una soddisfazione che va al di là della qualità della roccia o del mero gesto tecnico.










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